Le donne della Women’s March romana si sono ritrovate in piazza Santi Apostoli

Roma ha ospitato la Women’s March. In piazza in tutto il mondo, da Washington a Parigi, milione donne per una marcia in difesa dei diritti fondamentali. La prima volta era stata nel 2017, dopo l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti. Nel 2019 l’hashtag è stato #EndViolenceAgainstWomen (Basta con la Violenza contro le Donne). Come ha illustrato la Casa Internazionale delle Donne di Roma, “stiamo manifestando contro il patriarcato annunciando che, tramite il racconto delle nostre storie e l’uso del nostro voto, riaffermeremo la volontà di creare un mondo che sostenga e rappresenti le nostre rispettive identità, la giustizia sociale e i diritti umani che riguardano noi tutte/i”.

Le donne della Women’s March romana, promossa da Elizabeth Farrenn e Gillian Taft, si sono ritrovate in piazza Santi Apostoli. Centinaia di migliaia le persone, come da programma, “di ogni età, colore, religione, gender e orientamento sessuale per celebrare l’eguaglianza, la diversità e il progresso”. Ha aperto gli interventi Lella Palladino, presidente di Di.Re. (Donne in Rete contro la violenza), che ha parlato delle politiche di integrazione, dell’ondata di razzismo che ha colpito l’Italia e di come sia trasversale la violenza sulle donne. Hanno poi parlato Luisa Rizzitelli, giornalista e fondatrice di Rebel Network, Bo Guerreschi, fondatrice di Bon’t Worry e Loretta Bondì, del direttivo della Casa Internazionale delle Donne di Roma e di BeeFree.

È intervenuta Luisa Betti Dakli, giornalista esperta di diritti umani, che fa parte di Giulia, una rete di giornaliste attive sui diritti delle donne: “Nel mondo ci sono 1 miliardo di donne vittime di violenza: in Italia 7 milioni. L’unica cosa che questo governo doveva fare era quella di implementare la Convenzione di Istanbul contro la violenza, ratificata qualche anno fa ma che purtroppo non è ancora stata applicata da nessuna parte. E questo in un Paese in cui una donna viene uccisa ogni due giorni e dove il 70 per cento di quelle stesse donne aveva denunciato il partner violento”.