12 Novembre 2025
Cultura e Società

Alla scoperta del Quartiere Africano di Roma

Il diciassettesimo quartiere di Roma è Trieste. L’area est è nota come Quartiere Africano, per la presenza di odonimi relativi alle colonie del Regno d’Italia. Negli anni seguenti l’Editto di Milano (313 d. C.) fu costruita una monumentale basilica dedicata a S. Agnese, la cui villa di famiglia sorgeva sulla Nomentana. Accanto ad essa, l’imperatrice Costanza fece edificare il proprio mausoleo. A causa delle sue grandi dimensioni la basilica andò presto in rovina, tanto da indurre papa Onorio I (625-628) a commissionare l’attuale basilica in stile bizantino (Basilica di Sant’Agnese fuori le mura). Attorno a questi due monumenti, nel corso del Medioevo e all’inizio del Rinascimento sarebbe sorto il complesso dei Canonici Regolari Lateranensi.

Durante il Rinascimento e i secoli successivi, nella zona dell’attuale quartiere sorgevano soltanto alcune ville nobiliari ed edifici rustici (casali); in uno di questi, sulla via Nomentana, soggiornò Giuseppe Garibaldi ai tempi della Repubblica Romana. In seguito all’unità d’Italia, la zona di monte Antenne viene fortificata con ampi bastioni, fossati e con un’imponente polveriera. La sua posizione era infatti ottimale per difendere il lato settentrionale della città. Alle sue pendici, nel 1906 trova sede il Tennis Club Parioli, ancora oggi in attività e celebre per aver formato numerosi campioni.

La prima urbanizzazione del territorio avvenne con il piano urbanistico del 1909 dell’architetto Edmondo Sanjust di Teulada, ma il quartiere nacque ufficialmente nel 1926 con il nome Savoia, dalla vicina residenza reale (oggi Villa Ada); l’evento viene ricordato da una targa commemorativa oggi in via Topino, nei pressi di piazza Verbano. Nei primi trent’anni del secolo la zona mantenne la destinazione a edilizia residenziale di qualità, se non di lusso: è il periodo dei “villini” e del Quartiere Coppedè.

Negli anni trenta inizia l’urbanizzazione intensiva. Grandi condomini non privi di pretese vennero costruiti sulle aree di ville lottizzate per questo scopo, come Villa Lancellotti e Villa Chigi (della quale resta oggi un parco pubblico ed una residenza privata): abitazioni destinate agli impiegati statali o edificazioni concesse a cooperative (ad esempio quella dei ferrovieri costituì l’area vicina a piazza Crati). Fra il 1924 ed il 1930 viene costruito il Parco Virgiliano (o Parco Nemorense), ideato, come polmone verde per un quartiere ormai intensamente edificato, dall’architetto Raffaele De Vico, e inaugurato nel 1936 in occasione del bimillenario virgiliano.

In seguito alla nascita della Repubblica, nel 1946 il quartiere assunse il nome attuale, dall’omonimo corso che ne costituisce la via principale. Negli anni settanta la zona fu protagonista di una nuova speculazione edilizia, che fece sparire Tor Fiorenza, una fattoria fortificata del Seicento nella quale venivano portati i bambini anemici per dissetarsi con il latte.

La parte più a nord del quartiere Trieste, da piazza Annibaliano verso la ferrovia Roma-Firenze, è comunemente chiamata quartiere Africano in virtù dell’odonomastica ispirata alle colonie africane del Regno d’Italia (via Tigrè, via Tripolitania, via Gadames, viale Libia). Il nucleo originario di tale “subquartiere”, originariamente destinato alle famiglie dei ferrovieri, venne edificato nei primi anni venti, occupando un quadrilatero nell’area adiacente a via Tripoli. All’interno del suddetto quadrilatero, all’epoca decisamente isolato dal resto della città, erano state tracciate anche le vie Tobruk, Derna, Cirenaica, piazza Misurata e, fuori dal perimetro, le vie Benadir e Migiurtinia. Queste strade andavano ad aggiungersi alle vie Asmara e Massaua, traverse della via Nomentana, istituite poco prima, che collegavano la Villa Anziani.

Nel secondo dopoguerra il quartiere dei ferrovieri, che era costituito da una quarantina di edifici, venne demolito. A testimonianza della sua presenza resta parte dell’impianto viario – a eccezione delle cancellate via Tobruk, piazza Misurata e via Derna e alcuni edifici d’epoca, villini di pregio e palazzetti più popolari, sulle vie Beandir, Homs, Tripolitania, Cirenaica e Migiurtinia. Nel vecchio quartiere venne ambientato il film di Pietro Germi L’uomo di paglia, del 1958, mentre intorno andava a completarsi, sull’asse viale Eritrea-viale Libia, il quartiere Africano come lo conosciamo oggi. Al posto del quartiere dei ferrovieri sono stati costruiti un edificio scolastico, alcuni edifici delle Ferrovie dello Stato, un parcheggio e due edifici residenziali.

Il quartiere fu molte volte scenario di molti film italiani. De Sica utilizzò le baracche sul fiume Aniene per ambientare il film “Il tetto” nel 1955. Pietro Germi ambientò tra gli edifici del quartiere dei ferrovieri, demolito successivamente, il film L’uomo di paglia del 1958. Sempre negli anni cinquanta, la celebre scena dell’inseguimento tra Aldo Fabrizi e Totò in “Guardie e ladri” inizia alla fine di viale Somalia, e si svolge su un dosso destinato a divenire la futura via Olimpica. Nel ’53 la casa del protagonista de “La valigia dei Sogni” di Luigi Comencini è collocata nel complesso dei palazzi dei ferrovieri di via Mancinelli. Il quartiere ospita poi gli esterni del film con Alberto Sordi e Sophia Loren “Il segno di Venere”, che ne mostrano l’aspetto negli anni cinquanta.

Alcune scene de “I soliti ignoti” sono ambientate in zona: Carla Gravina si incontra con il fidanzato davanti alla caserma Bianchi (Batteria Nomentana) proprio sul ponte della Ferrovia; sullo sfondo si vedono i primi palazzi, quelli di Piperno, su viale Etiopia, intorno è campagna. Nelle scene iniziali del film “Audace colpo dei soliti ignoti” (1960), Vittorio Gassman entra in un portone di via Dora nel quartiere Coppedè e nel corso del film passeggia lungo un viale Etiopia ancora in costruzione. Una fugace inquadratura ne “Il medico della mutua” con Alberto Sordi, mostra viale Libia all’altezza dei magazzini UPIM. Sempre i magazzini UPIM nel ’60 sono il luogo di lavoro delle tre protagoniste di “Caccia al marito” con Sandra Mondaini, mentre in “C’eravamo tanto amati” di Ettore Scola piazza Caprera viene usata per scandire un cambio del tempo. Sempre Scola 20 anni più tardi ambienterà nella storica sede del PCI di via Sebino il suo “Mario, Maria e Mario” con Giulio Scarpati. Per la sua particolare architettura, il quartiere Coppedè fu scelto dal regista Dario Argento, residente nel quartiere Trieste, come sfondo per alcune scene dei suoi film “L’uccello dalle piume di cristallo” (1970) e “Inferno” (1980). Fra tutte le sequenze, una delle immagini più toccanti, la visione di via Nomentana totalmente deserta nel piccolo capolavoro di De Sica “Teresa Venerdì” del 1941, che ha come set le strade del quartiere. In tempi recenti il liceo Giulio Cesare ha fatto da sfondo alla fiction “Piper” e al film “Scusa ma ti chiamo amore” di Federico Moccia.