Gli orizzonti dell’Ai sono infiniti? Parrebbe proprio di si. Un approccio di apprendimento automatico ha dimostrato di essere capace di prevedere con precisione, diversi aspetti della vita umana, tra cui la probabilità di mortalità precoce e le sfumature della personalità. Il modello, descritto in uno studio pubblicato su Nature Computational Science, potrebbe essere in grado di fornire una comprensione quantitativa del comportamento umano.
La questione riguardante la prevedibilità della vita umana è stata a lungo argomento di dibattito tra scienziati sociali. I fattori sociodemografici che giocano un ruolo importante nelle vite umane sono ben compresi. Ma sino ad oggi non è stato possibile prevedere con precisione i risvolti riguardo alla fine della vita.
Usando i dati relativi all’istruzione, alla salute, al reddito, all’occupazione e ad altri eventi della vita, di all’incirca 6 milioni di persone provenienti da un registro nazionale danese, Sune Lehmann, professore associato di reti sociali presso l’ETH di Zurigo, insieme ai suoi colleghi ha progettato un approccio di apprendimento automatico capace di costruire traiettorie di vita individuali.
I ricercatori hanno adattato le tecniche di elaborazione del linguaggio umano all’interno del modello. Ciò ha consentito la generazione di un vocabolario che descrivesse gli eventi della vita in modo simile al modo in cui i modelli linguistici catturano le relazioni complesse tra le parole. Il modello proposto, chiamato ‘life2vec’, stabilisce relazioni complesse tra concetti come le diagnosi relative allo stato di salute, il luogo di residenza, i livelli di reddito, codificando le vite individuali con una rappresentazione vettoriale compatta che costituisce la base per la previsione degli esiti della vita.
Gli scienziati hanno dimostrato che il modello è in grado di prevedere la mortalità precoce. Nello specifico, il modello ha previsto che, tra gli individui che hanno preso parte allo studio, coloro con un’età compresa tra i 35 e i 65 anni sarebbero sopravvissuti nei 4 anni successivi ad uno specifico anno. Il modello è riuscito a cogliere le sfumature della personalità in modo migliore rispetto ai modelli più avanzati, con una precisione maggiore di almeno l’11%.
I risultati dimostrano che, rappresentando il complesso legame tra dati sociali e sanitari, è possibile prevedere con precisione gli esiti della vita. Ma gli autori sottolineano che la loro ricerca è un’esplorazione di ciò che potrebbe essere possibile e che dovrebbe essere usata solo in condizioni reali, nel rispetto di norme che tutelino i diritti individuali.
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