La Chiesa è alla vigilia di un momento decisivo. Nessuno vuole mettere in discussione l’impulso che Papa Francesco ha dato al pontificato: ha aperto il Vaticano al mondo, lo ha portato oltre il colonnato del Bernini, tra le pieghe della sofferenza umana, nelle periferie dell’esistenza. L’eredità di Bergoglio è intoccabile, e il prossimo conclave sarà chiamato a scegliere una figura capace di raccogliere questo impegnativo testimone.
Tuttavia, è chiaro che alcuni meccanismi richiedono revisione e miglioramento. Le spinte e controspinte dentro la Chiesa fanno emergere l’idea di un papato di mediazione, una figura ponte tra le istanze più diverse. Le formule si moltiplicano, ma la sostanza resta: proseguire nel solco tracciato da Bergoglio, offrendo però chiarezza e certezze ai fedeli e ai pastori. Serve un nuovo ordine, capace di tenere insieme centro e periferia, tradizione e innovazione, rigore dottrinale e compassione evangelica.
In questo scenario complesso, l’identikit del futuro Papa si profila come quello di un uomo capace di sintesi. Ma la scelta non sarà facile. Tra i nomi che circolano con insistenza c’è quello del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, uomo vicino a Francesco, che potrebbe però trovarsi a pagare anche il prezzo delle critiche rivolte al pontificato appena concluso. Parolin entrerebbe in conclave con una solida base di consensi – si parla di circa 40 voti – che lo porrebbero in pole position. Tuttavia, la sua vicinanza a scelte discusse, come la gestione del caso Becciu o l’accordo con la Cina, potrebbe rappresentare un freno.
È a lui che forse allude il cardinale Gregorio Rosa Chavez, quando parla di una lista con cinque nomi, “molto interessante” e che include “anche italiani”. Oltre a Parolin, potrebbero essere Matteo Zuppi, amato dai progressisti, o Pierbattista Pizzaballa, figura di frontiera tra fede e dialogo interreligioso, ora sotto i riflettori per posizioni interpretate in chiave geopolitica.
Chavez, che non parteciperà al voto per limiti d’età, ma che conserva un ruolo morale, ha lasciato intendere che i giochi potrebbero chiudersi in tempi rapidi: «Penso che il conclave durerà al massimo tre giorni». Una previsione che suggerisce contatti e intese già in fase avanzata tra i cardinali.
Parolin resta il nome più accreditato, ma non esiste un candidato forte in partenza. Tutto può ancora accadere. I conclavi ci hanno spesso abituato a sorprese e ribaltamenti. Se un nome non sfonda, si cercano strade alternative. Dal 7 maggio si potrebbe ripetere lo stesso copione: un inizio incerto, un dialogo serrato e infine un nome inatteso, scelto non sotto i riflettori ma nello spirito di discernimento che guida la Chiesa nei suoi passaggi più delicati.
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