L’inquinamento da ozono cresce con il fumo degli incendi
Quando scoppiano incendi di grandi dimensioni, il fumo si alza in cielo e si diffonde su vaste aree. Le persone avvertono subito l’odore acre, vedono il cielo grigio e avvertono fastidi agli occhi e ai polmoni. Il problema più visibile è dato dalle particelle sospese nell’aria, ma c’è un altro pericolo silenzioso che si diffonde insieme al fumo: l’inquinamento da ozono. Un gas invisibile che può danneggiare l’apparato respiratorio e aggravare malattie come l’asma o la bronchite, soprattutto nelle persone più fragili.
A differenza delle polveri sottili, l’ozono non si vede né si sente direttamente, ma i suoi effetti si fanno sentire. Si forma nell’atmosfera attraverso reazioni chimiche che avvengono sotto l’effetto della luce solare e coinvolgono sostanze presenti nel fumo degli incendi. Negli ultimi anni, i dati mostrano che i livelli di ozono stanno aumentando anche in zone lontane dai centri urbani, e il fumo dei grandi incendi ne è una causa crescente.
Il fumo degli incendi alza i livelli di ozono
Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università dello Utah ha analizzato l’impatto del fumo degli incendi boschivi sulla composizione dell’aria. I risultati indicano che il fumo non solo rilascia particelle dannose, ma contribuisce anche a far salire i livelli di ozono, anche in regioni isolate, dove non ci sono traffico o industrie a produrre inquinamento.
In queste aree, le fonti tradizionali di sostanze che generano ozono, come gli ossidi di azoto (NOx), sono quasi assenti. Tuttavia, il team scientifico ha osservato un aumento significativo di ozono quando il fumo si diffonde nell’atmosfera. Questo suggerisce che gli incendi stessi, attraverso i composti organici volatili che emettono, possono innescare la formazione di ozono anche senza il contributo umano.
Derek Mallia, docente di scienze atmosferiche e coordinatore dello studio, ha spiegato che i dati mostrano un quadro chiaro: anche eliminando del tutto le emissioni urbane, l’inquinamento da ozono potrebbe comunque verificarsi a causa degli incendi. Questo implica che il controllo della qualità dell’aria deve considerare anche i fuochi naturali, sempre più frequenti e intensi.
Come si forma l’ozono con il fumo
L’ozono non esce direttamente dal fuoco. Si produce quando la luce del sole colpisce certe sostanze chimiche presenti nell’aria. Tra queste ci sono i composti organici volatili (VOC), abbondanti nel fumo degli incendi, e gli ossidi di azoto, che di solito provengono da veicoli e attività industriali. In condizioni normali, questi elementi reagiscono tra loro e generano ozono a livello del suolo, un inquinante dannoso.
Negli episodi di grandi incendi, il fumo rilascia grandi quantità di VOC, creando le condizioni ideali per la formazione di ozono, anche in assenza di NOx urbani. Il processo dipende da diversi fattori: intensità della luce solare, temperatura, umidità e movimento dell’aria. Per studiare questi meccanismi, i ricercatori hanno usato modelli meteorologici avanzati, come WRF-Sfire e WRF-Chem, per simulare la diffusione del fumo e le reazioni chimiche che avvengono in atmosfera.
Aumento dell’ozono anche lontano dal fuoco
I dati raccolti durante l’estate del 2020 hanno mostrato che il fumo degli incendi ha fatto salire i livelli di ozono in media di 21 parti per miliardo (ppb). In alcune zone, l’aumento ha raggiunto il 30%. Questi valori sono preoccupanti, perché si sommano a un livello di fondo già elevato nell’Ovest degli Stati Uniti. Spesso, il superamento del limite di 70 ppb, stabilito dall’Agenzia per la protezione ambientale, avviene proprio a causa di questi picchi legati al fumo.
C’è però un effetto opposto che si verifica in prossimità delle fiamme: quando il fumo è molto denso, blocca la luce solare e rallenta la formazione di ozono. In alcune zone, la concentrazione di ozono è scesa anche di 10 ppb sotto le nubi più fitte. Tuttavia, man mano che il fumo si sposta e si dirada, la luce torna a filtrare e le reazioni chimiche riprendono, producendo ozono in quantità crescenti.
Questo significa che le zone più colpite dall’inquinamento da ozono non sono sempre quelle vicine all’incendio, ma spesso quelle più distanti, dove il fumo è presente ma non abbastanza denso da schermare il sole.
Incendi più intensi, aria più inquinata
Negli ultimi anni, gli incendi boschivi sono diventati più frequenti, più estesi e più intensi, anche a causa del cambiamento climatico. Temperature più alte, periodi di siccità più lunghi e vegetazione più secca creano le condizioni ideali per fuochi difficili da controllare. Con loro, aumenta anche il rischio di inquinamento da ozono.
Eventi come l’August Complex in California, che ha bruciato oltre 400.000 ettari, o gli incendi in Oregon e Utah, hanno rilasciato enormi quantità di fumo nell’atmosfera, influenzando la qualità dell’aria su migliaia di chilometri. Secondo le stime, ogni anno negli Stati Uniti l’esposizione al fumo degli incendi è legata a circa 6.300 morti premature, molte delle quali collegate a problemi respiratori aggravati dall’inquinamento atmosferico.
Modelli migliori per proteggere la salute
Per proteggere la popolazione, è fondamentale prevedere con precisione quando e dove l’aria diventerà pericolosa. Strumenti come WRF-Sfire e WRF-Chem permettono di simulare la diffusione del fumo e le reazioni chimiche che avvengono in atmosfera. Tuttavia, questi modelli devono essere migliorati per tenere conto delle complessità delle nubi di fumo, dove possono verificarsi sia aumento che riduzione di ozono.
Avere previsioni più accurate aiuta le autorità a emettere allarmi tempestivi, consigliare le persone a restare al chiuso e proteggere chi ha problemi respiratori. Con il crescere della frequenza degli incendi, la capacità di monitorare e prevedere l’inquinamento da ozono diventa sempre più importante per la salute pubblica.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Atmospheric Environment e fornisce nuove evidenze su come il fumo degli incendi influisca sulla qualità dell’aria, anche in zone apparentemente lontane dal pericolo.