La Via Appia Antica è il 60mo sito Unesco Italiano
Ottime notizie per Roma! La Via Appia Antica è il 60mo sito Unesco Italiano. L’iscrizione è arrivata dalla 46ma sessione del World Heritage Committee dell’agenzia delle Nazioni Unite. La Regina viarum si estende attraverso quattro regioni italiane (Lazio, Campania, Basilicata e Puglia) dalle propaggini sud-orientali della Capitale sino a Brindisi, attraverso le province di Roma, Latina, Caserta, Benevento, Potenza, Matera, Taranto e Brindisi. Il tratto meglio conservato è quello alle porte della Capitale, incorniciato nel Parco regionale (Lazio) dell’Appia Antica.
La tratta più antica risale a fine IV secolo a. C., più precisamente al 312 a. C., e fu creato per collegare Roma a Capua (Santa Maria di Capua Vetere). Poi l’Appia antica fu prolungata a più riprese, man mano che la Repubblica riusciva ad annettersi territori dell’Italia meridionale: prima fino a Benevento (dopo il 268 a. C), poi attraverso gli Appennini, fino a Venosa, e ancora fino a Taranto. Infine, nel II secolo a. C., raggiunse Brindisi. Se il percorso dell’Appia da Roma a Capua è sempre stato conosciuto, quello della tratta campano-pugliese si perse nel corso dei secoli, e fu riscoperto solo nel Novecento, grazie agli studi dell’archeologo Giuseppe Lugli.
La strada aggira tutte le città intermedie e punta alla sua meta, facendo ampio uso di eccezionali opere di ingegneria, ponti, viadotti, gallerie, che assicuravano un percorso rettilineo, attraverso distese d’acqua, paludi e montagne; molte di queste opere sono ammirabili ancora oggi. La Via Appia testimonia anche la rivoluzione apportata dai Romani nella costruzione delle strade. Fino ad allora le strade erano poco più che piste sterrate che ad ogni pioggia diventavano impraticabili per i veicoli a ruote. I Romani concepirono specifici fondi stradali, che assicurano drenaggio e stabilità. Venivano pavimentati con lastre di basalto lavorato, ravvicinate, garantendo così la percorribilità in ogni condizione atmosferica. Tecnica che ha consentito loro di costruire una vasta rete – le sole strade statali coprivano oltre 120 mila km – rimasta intatta per secoli e che ancora oggi costituisce la spina dorsale della viabilità di tutti i Paesi dell’area mediterranea. L’Appia Antica è l’esempio più eclatante dell’ingegno umano. In particolare in quella tratta, che da poco lontano dal Circo Massimo si spinge sino a Ciampino, dove è possibile ammirare monumenti di valore assoluto, acquedotti, percorrendo in mezzo alla campagna la Regina Viarum fantasticamente conservata.
La Regina Viarum è il sessantesimo sito Unesco italiano, e permette all’Italia di mantenere il primato di location nel World Heritage. Il vantaggio sulla Cina, che da almeno un quindicennio insidia il primato italiano, con tanto di aggancio e respinta, si è ora dimezzato e assottigliato ai minimi termini, da 2 ad appena una unità. La Cina, che quest’anno partiva da quota 57, ha iscritto l’Asse Centrale storico della capitale Pechino e il sito naturale del deserto di Badain Jaran, portandosi a 59. Tra le 28 candidature esaminate va ricordata l’iscrizione con immediata trasposizione tra i siti in pericolo, del monastero di Sant’Ilarione, il più antico insediamento cristiano a Gaza, proposto dalla Palestina.