C’era una volta il lattaio. Una figura quasi mitologica per le nuove generazioni, eppure fondamentale nella vita quotidiana di milioni di italiani fino a pochi decenni fa. A Roma, tra i sampietrini e le serrande abbassate delle vecchie botteghe, il suo ricordo aleggia ancora. Ma qualcosa sta cambiando: tra iniziative di recupero delle tradizioni, nuove attività di distribuzione sostenibile e una crescente nostalgia per la genuinità, il lattaio torna timidamente a farsi vedere.
Nella Capitale, dove il traffico è caotico e i supermercati sembrano essere l’unica risposta alle esigenze quotidiane, qualcuno ha deciso di recuperare quel modello di distribuzione “porta a porta” che oggi fa tanto “chilometro zero” e attenzione all’ambiente. In alcuni quartieri come Garbatella, Testaccio o Monteverde, sono comparse piccole aziende e cooperative che consegnano a domicilio latte fresco, spesso proveniente da stalle locali del Lazio, nel tentativo di ricalcare – almeno nello spirito – il mestiere del lattaio di un tempo.
Una professione antica, quella del lattaio, fatta di sveglie all’alba, mani screpolate e conoscenza diretta delle famiglie. Portava il latte fresco ogni mattina, a volte lasciandolo direttamente sul pianerottolo, altre volte bussando con gentilezza per uno scambio di parole con la padrona di casa. Il lattaio conosceva tutto del vicinato: chi era malato, chi aveva bisogno di una parola di conforto, chi preferiva il latte più scremato o chi voleva la bottiglia piena fino all’orlo.
Il declino è arrivato con la modernizzazione degli anni ‘70 e ‘80: la grande distribuzione, la pastorizzazione industriale, l’arrivo dei contenitori di plastica e la progressiva dismissione delle stalle romane, un tempo numerose nelle zone periferiche. Oggi, quella figura sembra appartenere a un mondo sparito, eppure il suo ritorno – seppure parziale e rivisitato – racconta un’esigenza che va ben oltre il semplice latte.
Alcune realtà romane stanno provando a ricostruire questo rapporto di fiducia tra produttore e consumatore. Laddove il lattaio era parte integrante del tessuto sociale, oggi si cerca di ricreare quel legame attraverso progetti di filiera corta, consegne in bottiglia di vetro riutilizzabile, educazione alimentare nelle scuole e incontri tra allevatori e cittadini nei mercatini rionali.
A sorprendere è la risposta dei giovani. In un’epoca in cui si parla di sostenibilità, riduzione dei rifiuti e qualità del cibo, l’idea di ricevere latte fresco direttamente a casa – magari non ogni giorno, ma con regolarità – sta trovando un pubblico attento e curioso. Molti vedono in questo ritorno al passato una forma di resistenza culturale all’omologazione alimentare imposta dalle multinazionali.
Il lattaio moderno non gira più con il carretto trainato dal cavallo né indossa la giacca bianca d’ordinanza, ma la sua missione è la stessa: portare a casa delle persone un prodotto fresco, sicuro, e soprattutto umano. In una città come Roma, dove ogni vicolo racconta una storia, anche quella del lattaio merita di essere ascoltata di nuovo.
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